20071217

Le vittime della cultura

L'immaginazione è più importante della conoscenza
(Albert Einstein)

Ci sono molte malattie ad affliggere l’uomo e non tutte ne
minano il corpo. Negli ultimi anni l’essere colti a tutti i costi ha fatto vittime in maniera esagerata, c’è stata un’accelerazione all’apprendimento che ha danneggiato in maniera irrecuperabile la possibilità di comunicare e di tessere nuovi rapporti. Un falso obiettivo, la conoscenza, ha mimetizzato quello vero, la qualificazione attraverso la dimostrazione pubblica di accumulo di conoscenze. Una esposizione continua di dati e di concetti, l’uso prolungato di parole dotte, costanti riferimenti a grossi nomi dell’avanguardia culturale, imprevisti paralleli e confronti tra filosofie di diversa origine, il tutto inevitabilmente e platealmente finalizzato. In queste occasioni il rischio di contagio è inesistente e se c’è un rischio è quello del rigetto. Per alcuni la scalata al sapere è cominciata una decina d’anni fa, all’epoca dei primi spinelli quando c’era chi si drogava e sapeva di drogarsi e c’era chi si drogava e per giustificarsi si atteggiava a studioso di filosofie orientali. Uno sforzo comprensibile
anche se come risultato immediato c’è stata allora solo una grossa confusione. Per altri l’inizio risale addirittura a una ventina d’anni fa, quando bastava girare con l’Espressino sotto il braccio per sentirsi dei rivoluzionari. Per altri ancora l’iniziazione è avvenuta con Marcuse e per gli ultimi è bastata La Repubblica, molto spesso utilizzata a mo’ di coccarda, di simbolo della propria condizione culturale.
Leggere tutto è la parola d’ordine di questo genere di malati: leggere tutto vuol dire tutto, nel senso che se acquisti un settimanale di opinione puoi tuttalpiù tralasciare le rubriche fisse. Devi sbrigarti, perché il rischio è che dopo pochi giorni esca in edicola il numero successivo e tu non
abbia ancora finito di leggere il precedente. Tra i generi letterari è il saggio a fare la parte del leone perché il romanzo è una cosa da donnicciole e la fantascienza un fenomeno di moda per borghesi in cerca di evasione. Questi mostri di cultura sono terribili: non appena cominciano a parlare non li fermi più perché vogliono dirti tutto quello che hanno imparato e te lo vogliono dire, senza fornirti i codici di traduzione, con il linguaggio degli autori, molto spesso difficile e troppo specialistico. Per seguire questi monologhi ci vogliono grosse dosi di cortesia e di disponibilità. Talvolta ci troveremmo in grossa difficoltà se ci venisse chiesto un parere sull’argomento trattato ma per fortuna questo non succede mai, tanta è la foga di dimostrare i traguardi raggiunti. La comunicazione di massa, per avere credibilità, deve avere l’etichetta di impegno culturale e solo allora può venire consumata.
Per tutti questi Nuovi Dottori il consumo è il padre dei vizi, è un peccato mortale da evitare a qualsiasi costo a meno che il fine non giustifichi i mezzi: il desiderio di conoscenza, si sa, merita lodi ed approvazione. Le testate specializzate si moltiplicano – le edicole ne sono piene – c’è gente che ne acquista tre, quattro, cinque al mese per riferire poi, in pubblico, dati ed opinioni ad ogni spron battuto. Mai una volta che ci sia un momento di pausa, che il discorso scivoli sulle sciocchezze, sulle amenità, sul disimpegno. Mai. Sarebbe poco serio. E così, piano piano, i Nuovi Dottori hanno perso il sorriso.
E pensare che ci sarebbe un altro modo di fare cultura, portando avanti gli insegnamenti e l’educazione che abbiamo ricevuto da piccoli, con schemi forse sorpassati ma pieni di saggezza. Per il Nuovo Dottore però questa sarebbe la via dell’involuzione, un ritorno alla condizione non dottorale dalla quale si è liberato con grossa fatica e con lungo studio.
La casa del Nuovo Dottore ha un locale in più, la biblioteca, un concreto simbolo del livello di conoscenze raggiunto, un attestato di laurea, del suo tipo di laurea. Questa montagna di sapere, se ben utilizzata, gli permette molto spesso di mimetizzarsi tra i dottori autentici, quelli che le cose le sanno davvero e se le tengono care, non le sbandierano ad ogni pie’ sospinto. Invece l’ambizione e il desiderio di vedere riconosciuto il nuovo stato mascherano spesso il Nuovo Dotto: una desinenza sbagliata, un accento fuori posto, una parola inesatta lo tradiscono malamente, senza che egli se ne accorga. Da parte dei suoi interlocutori inizia la fase di rigetto, lentamente ma inesorabilmente inizia un processo di emarginazione. È una condanna dura e irrevocabile, che rimette le cose al loro posto. Possiamo così tornare a parlare con i nostri amici di cose serie e di cose frivole senza che il fantasma della cultura sia costantemente in mezzo a noi, che ci limiti nella nostra spontaneità. Questa nuova situazione ci ridona il sorriso, una medicina sicura per il nostro spirito.

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