20071217

la donna nuova

Una volta c’era chi guardava la madre prima di scegliere la figlia. Era inevitabile che gli anni, con il loro lavoro lento, ma costante, lavorassero sul corpo della ragazza: un’aggiunta digrasso qua e là, un po’ di cellulite sulle cosce, centinaia di capillari frantumati, un po’ di rughe distribuite sul volto, una spinta verso il basso al seno ed ecco, dopo venti, trent’anni, la copia esatta della madre. Per arrivare a tale risultato era determinante anche la collaborazione volontaria e spesso consapevole della figlia: gli stessi abiti, lo stesso incedere, gli stessi capelli, lo stesso trucco, la stessa altezza dei tacchi. La moda, meno tiranna e meno volubile, permetteva questa immobilità, giustificava questa inerzia nel modificarsi, nell’inventare o nell’accettare qualcosa di nuovo. Il risultato era rassicurante, un modello immutabile permetteva di non sbagliare, di riconoscere sempre l’attimo giusto in cui fare una cosa, di adornarsi e di muoversi senza rischi al momento opportuno. Il tempo scorreva lento, le situazioni si ripetevano, non ci si aspettavano delle invenzioni, delle innovazioni che mutassero l’ordine stabilito delle cose. Il fidanzamento su basi concrete, il matrimonio al momento giusto, così la maternità, l’educazione dei figli, la gestione della casa, la maturità, il diritto al rispetto, senilità e senescenza confortata dall’affetto della famiglia intera. Ruoli e schemi collaudati, trasmessi tacitamente di madre in figlia, un’eredità fatta di sicurezze. Avrebbe oggi senso decidere quale donna scegliere sulla base delle foto e dei comportamenti della madre? Improbabile, direi. Una vita diversa aspetta una giovane donna dei giorni nostri: una vita più attiva e interessi molteplici la distraggono quotidianamente dalle regole quotidiane alle quali era soggetta la madre. Un’alimentazione diversa, più attenta, le impedisce di acquisire con rapidità le forme matronali, così usuali in passato. Una moda più libera, più pratica le impedisce di accentuarle. Ma è soprattutto una cultura diversa che la distacca definitivamente dagli schemi del passato, che le permette di diventare una donna nuova, mai esistita. Nessuna donna prima di lei aveva avuto le chiavi di casa, scollature profonde e gonne a metà coscia, anche se questi non sono che gli aspetti esteriori della sua diversa condizione. Più profonde sono le mutazioni sul piano della consapevolezza dei diritti personali, della dipendenza dal potere maschile. Il suo ruolo è nuovo, non ci sono appigli a cui agganciarsi, e l’unica sicurezza si costruisce sull’esperienza e non sui modelli del passato, che ormai, col mutare delle condizioni, non servono più.
Più difficile diventa il rapporto con l’uomo, minore importanza assumono le istituzioni ufficiali, la maternità non è più l’unico traguardo. Diminuiscono gli obblighi, anche se in cambio ci sono meno gratificazioni, c’è maggiore libertà e lo scotto, anche se preventivato, è decisamente alto, più alto ancora di quello che legava le loro madri imprigionate da ferree regole, donne che difficilmente espressero la loro grazia e la loro femminilità al di fuori dell’ambiente familiare, donne alle quali fu permesso di essere romantiche e non civette, donne per le quali desiderio significava colpa.
Gli anni hanno lavorato, la donna nuova si è emancipata al punto di essere lontana generazioni dalla donna sua madre: sicura, aggressiva, consapevole, accetta la propria condizione vivendola, considerando diritti gran parte di ciò che alla madre veniva attribuito come colpa. E allora non sapremo mai come gli anni trasformeranno questa donna. Di certo c’è che essa non potrà più somigliare, nemmeno fisicamente, a sua madre.

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