20071217
La donna che vive sola
Zitelle ormai non ce ne sono più. Esistono donne non sposate, di qualsiasi età, ma non sono zitelle. Donne nubili alle quali molto spesso l’età conferisce il titolo di signora malgrado la palese assenza di maschi nelle vicinanze. Aggraziate, femminili, sole, ma non più bollate da un marchio discriminante. Attive nel lavoro che hanno scelto, pronte di fronte agli imprevisti, non facili nella scelta di un compagno, ancora meno di fronte all’avventura, mostri di razionalità di fronte alle loro madri, portano avanti la loro vita e ne affrontano i problemi con una serietà ed una costanza del tutto nuove. Sanno benissimo che il loro ruolo, così come quello dell’uomo solo, è nuovo. Ne vanno inventati gli schemi, le contrarietà devono essere superate velocemente, si deve far finta che tutto fili liscio perchè il rischio è troppo elevato. La libertà si radica nell’animo come non rinunciabile e ogni attimo di lotta per conservare lo stato raggiunto, in alcuni casi conquistato, non deve far sentire il proprio peso. Attimi di crisi ce ne sono, ma occorre vincerli in fretta e soprattutto da soli. Per la donna è ovviamente più faticoso vivere e superare questi momenti, abituata com’è per cultura e per tradizione ad appoggiarsi al maschio, ad affidare a lui le responsabilità, ad ascoltare il suo parere, il suo giudizio, a dare per scontata la sua soluzione. Ma anche la donna, vivendo questa nuova condizione, deve stare attenta a non perdere la sua identità. La zitella percorreva solitamente due strade, quella della dolcezza o quella dell’acidità. Era certamente più facile che facesse l’uncinetto piuttosto che indossasse i panni del generale. Ma anche in questo caso rimaneva una donna. La donna d’oggi, l’ex zitella, se corre un rischio, nei suoi attimi d’incertezza è quello di adottare, in mancanza di schemi collaudati e con modelli di riferimento assolutamente assenti, regole e modi tipicamente maschili. Il linguaggio subisce in questi casi sensibili modifiche; pur rimanendo il contenuto, la forma è la prima a degradarsi. Le movenze si modificano, la casa perde in ordine e pulizia, il cibo si trasforma, diventa più semplice, oppure lascia posto a scatolame di tutti i tipi o prodotti pronti della rosticceria sotto casa. Si vive lo stesso, ma con ritmi diversi. La donna, che per tradizione non sapeva nemmeno come gli uomini trascorressero il loro tempo nel loro bar preferito, la loro migliore valvola di sfogo, scopre oggi che in fin dei conti il bar è un’ottima soluzione. Ci si incontra gente, si parla, si beve qualcosa, si passa una serata e, alla fine, non c’è da rigovernare la casa. La macchina, è un’altra scoperta della donna che vive sola. Protegge in maniera decente dagli estranei (che si incontrano sul tardi al momento del rientro) e che da sempre sono stati generatori di ansie e di timori ancestrali. Qualche piccolo problema nell’attimo del parcheggio, ma subito dopo, col portone che si chiude alle spalle, tutto torna tranquillo. La macchina è segno tangibile di una indipendenza assoluta, diventa addirittura più necessaria alla donna che all’uomo, sia come funzione, sia come simbolo. Un uomo potrebbe farne a meno, non ha bisogno di mantenere la propria indipendenza, può anche rinunciarci ogni tanto senza sentirsi fragile, debole, sminuito. La donna no. Nemmeno quando un’auto procura qualche difficoltà di bilancio ma, d’altra parte, l’indipendenza in qualche modo la si deve pagare.
Una donna scopre piano piano di non avere più bisogno dell’uomo. Scopre addirittura che senza uomo sta meglio, è più padrona di se stessa. Questa donna, la donna che ha preso coscienza di tutto ciò che non è più, ovviamente la zitella di una volta, la vecchia cara zia che aveva trovato nella dolcezza un facile passaporto per il contatto con gli altri, è ormai una donna forte – altro passaporto – autosufficiente che sa destreggiarsi con abilità tra i mille problemi quotidiani.
Il guaio principale sta nel fatto che un uomo non è più in grado di riconoscere come donna questa donna. Gli è ormai troppo simile, se la immagina – e la identifica – come antagonista, ne ha quasi paura. L’umanità ha paura di questa donna almeno quanto ne ha dell’uomo che vive da solo: sa bene infatti che da questi suoi prodotti non ricaverà niente per il suo futuro: un mondo senza coppie, un mondo sterile, è la sicura premessa di un vero e proprio suicidio della razza.
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Una donna scopre piano piano di non avere più bisogno dell’uomo. Scopre addirittura che senza uomo sta meglio, è più padrona di se stessa. Questa donna, la donna che ha preso coscienza di tutto ciò che non è più, ovviamente la zitella di una volta, la vecchia cara zia che aveva trovato nella dolcezza un facile passaporto per il contatto con gli altri, è ormai una donna forte – altro passaporto – autosufficiente che sa destreggiarsi con abilità tra i mille problemi quotidiani.
Il guaio principale sta nel fatto che un uomo non è più in grado di riconoscere come donna questa donna. Gli è ormai troppo simile, se la immagina – e la identifica – come antagonista, ne ha quasi paura. L’umanità ha paura di questa donna almeno quanto ne ha dell’uomo che vive da solo: sa bene infatti che da questi suoi prodotti non ricaverà niente per il suo futuro: un mondo senza coppie, un mondo sterile, è la sicura premessa di un vero e proprio suicidio della razza.
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