20071217
I prati di casa nostra
Non sono ancora stato nelle regioni del Sud, mi manca il tempo per visitarle come vorrei, senza programmi fatti a tavolino, che tanto poi non rispetterei. Ogni tanto andrei a cercare tracce del passato, altre volte mi limiterei a parlare con la gente, vedere le loro facce, a verificare in che cosa siamo uguali e perché siamo diversi. La natura mi attrarrebbe molto e andrei, con la scusa di aggiungere immagini al mio archivio, in giro per valli e paesi carico di attrezzature fotografiche. Laggiù la luce del giorno è sempre abbagliante, me l’hanno detto e il cielo è cobalto. I contrasti me li immagino, li ho spesso controllati in Sardegna, dove le condizioni sono più o meno le stesse. Questo viaggio non fatto è ancora una fantasia, un desiderio che presto dovrei appagare. Il sud del nostro paese è a portata di mano, basta arrivare a Roma e poi con un’ora d’aereo scarsa si è dappertutto. E se uno non vuole volare ci sono treni e navi per tutte le destinazioni; basta volere e nel Sud ci si arriva. Prima o poi vorrò. Non vorrò invece entrare in un’Agenzia di Viaggi per prenotare un viaggio di quattordici ore per uno dei tanti paradisi perduti di cui abbonda l’Asia Meridionale. Non ce la farei mai ad impiegare, con sei mesi d’anticipo, due settimane della mia vita in luoghi dal ritorno difficile. Eppure pare che la cosa funzioni, mai come adesso il viaggio organizzato rappresenta un grosso affare, agli sportelli delle Agenzie c’è addirittura la coda, spesso ci si deve accontentare, se non ci si è prenotati con larghi mesi di anticipo, di un safari in Kenia o di una veloce scappata a Londra. Anche qui non c’è esibizione, il viaggio non è più strumentalizzato ai fini di una qualificazione sociale, non è più usato come simbolo dell’appartenenza ad un preciso stato socio-economico. Di solito chi prende una decisione di questo genere tende quasi a giustificarsi presso gli amici e i conoscenti, per motivare la scelta introduce elementi razionali che la fanno apparire vantaggiosa. In effetti, seguendo questa logica, se sommassimo al costo dei pernottamenti, dei pranzi, delle escursioni la spesa a prezzi normali del volo di trasferimento, non c’è dubbio che faremmo un grosso affare. Questo tipo di considerazioni accelerano la decisione: scoprire che due settimane in Liguria ci costa poco meno che due settimane alle Maldive/prezzo base, fa certamente pendere il piatto della bilancia dalla parte dell’Oceano Indiano, soprattutto se siamo in inverno. Il fascino dell’esotico, il richiamo dei mari dalle trasparenze uniche, l’avventura di coprire distanze insolite, tutto questo contribuisce a farci dimenticare, almeno per quest’anno, l’alternativa dei nostri mari e delle nostre coste. Per il momento sono scelte individuali fatte da pochi intorno ai quali gravita però un grosso giro d’affari: cataloghi lussuosi propongono centinaia di possibilità; ciascuna offerta è spesso acquistata, venduta, riacquistata e rivenduta al consumatore finale attraverso uno strano commercio di proprietari, tour operators, dettaglianti. Ognuno ha naturalmente il suo profitto, così come lo hanno gli alberghi base e le compagnie aeree. Seguend questa logica dei profitti ci si meraviglia di come il costo all’origine sia basso, ma si accetta ugualmente tutto il meccanismo.
Dove sta dunque lo scotto reale da pagare? Una perdita dell’identità raggiunta – con un ritorno obbligato a schemi parascolastici – con la presenza di un tutore che ci impone comportamenti, programmi, orari e luoghi dai quali ci è impossibile evadere. Lo scotto principale è la perdita della libertà o per lo meno della sensazione di essere liberi di muoverci come vogliamo, esattamente come in un pranzo a menù fisso dove un prezzo più basso non ci compensa della mancanza di un piatto che desideriamo. Ho finora generalizzato le mie opinioni sul tema senza tenere conto di chi non sa come muoversi, di chi ha bisogno di qualcuno che gli dica cosa deve fare, come deve farlo, dove può andare e quando. Costoro prendono due, tre o quattro piccioni con una fava. Gli altri, quelli che amano scegliere, che non hanno paura degli imprevisti, che hanno desideri non programmabili, ebbene, costoro non hanno bisogno di mari lontani, anzi preferiscono, anche se l’erba del vicino è sempre più verde, i prati di casa nostra. E se questi prati sono nel Sud, prima o poi mi incontreranno.
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Dove sta dunque lo scotto reale da pagare? Una perdita dell’identità raggiunta – con un ritorno obbligato a schemi parascolastici – con la presenza di un tutore che ci impone comportamenti, programmi, orari e luoghi dai quali ci è impossibile evadere. Lo scotto principale è la perdita della libertà o per lo meno della sensazione di essere liberi di muoverci come vogliamo, esattamente come in un pranzo a menù fisso dove un prezzo più basso non ci compensa della mancanza di un piatto che desideriamo. Ho finora generalizzato le mie opinioni sul tema senza tenere conto di chi non sa come muoversi, di chi ha bisogno di qualcuno che gli dica cosa deve fare, come deve farlo, dove può andare e quando. Costoro prendono due, tre o quattro piccioni con una fava. Gli altri, quelli che amano scegliere, che non hanno paura degli imprevisti, che hanno desideri non programmabili, ebbene, costoro non hanno bisogno di mari lontani, anzi preferiscono, anche se l’erba del vicino è sempre più verde, i prati di casa nostra. E se questi prati sono nel Sud, prima o poi mi incontreranno.
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