20071217

I saggi assenti

In un piccolo paese della Sardegna un uomo un giorno ebbe in prestito un cavallo per andare ad una festa. Al ritorno mancava un ferro e lo zoccolo era rovinato e il padrone del cavallo volle del denaro per ripagarsi del danno. L’altro non volle soddisfare tale richiesta, dicendo di non avere colpa alcuna e di avere trattato la bestia con cura, come se fosse stata sua. Per superare questa situazione di stallo fu necessario ricorrere al saggio del paese che, dopo avere analizzato la situazione, stabilì che il proprietario, conosciuto da tutti per la sua trascuratezza, non aveva alcun diritto di pretendere un risarcimento poiché lui stesso da molto tempo non si era preoccupato di verificare lo stato dei ferri. Stabilì insomma chi dei due aveva torto e la sua parola venne accettata al pari della sentenza di un giudice. Solo in una piccola comunità può avvenire una delega di responsabilità e di fiducia così totale, talmente ampia da evitare di stabilire delle regole. I valori di un singolo le sostituiscono, divengono il metro con cui le cose del villaggio vengono misurate. Una situazione arcaica, dove il saggio è saggio perché è saggio e dove i pareri di un saggio sono legge, una legge che viene rispettata perché emessa costantemente per il bene della collettività.
Nella situazione attuale mancano figure che ricoprano questi ruoli, la gente è troppa e le condizioni di vita troppo complicate perché si riesca a capire cosa è bene per la collettività e cosa non lo è. Il sistema non prevede sensibilità per i singoli e per le loro questioni e allora bisogna uscire dal vicolo cieco in cui siamo andati a cacciarci.
La cultura attuale ci dà uno specchio della situazione, fotografa impietosamente la nostra condizione ma non ci dà soluzioni, preoccupata com’è di vedere come andrà a finire. Abituati come siamo ad analizzare le tendenze e a giudicarle irreversibili non andiamo neppure per un attimo a verificare se ciò sia vero anche nella nostra situazione e se non sia per caso possibile modificarle. Il volano gira veloce e ci vuole davvero una gran forza a contrastarlo, diventa già difficile pensare di riuscirci. Una enorme dose di impotenza ci blocca qualsiasi iniziativa, i valori, che in parecchi esistono, non vengono espressi e di conseguenza chi li possiede non ha credito, non può trasformarli in regole.
Eppure ci sarebbe un gran bisogno di saggi del paese, uomini giusti, forti, responsabili, che si muovano con coraggio, consapevoli del rischio di sbagliare ma anche certi di non potersi tirare indietro perché di loro hanno bisogno tutti gli altri. Per merito loro il mondo continua a funzionare. Essi conoscono il dovere, si accollano responsabilità, con le loro fatiche tengono in piedi il sistema, con la coscienza precisa di non avere alternative. E mentre questa gente porta avanti questo discorso, c’è altra gente che fa altri discorsi, senza nessuna indulgenza per il prossimo, reclamando per sè tutti i diritti, rifiutando qualsiasi dovere. Le colpe sono degli altri, gli ospedali non funzionano, la scuola è inefficiente, il sistema è logoro. Ovviamente tra le due parti non c’è dialogo (gli ultimi non sono disponibili, i primi non ne hanno nemmeno il tempo) e se anche dialogo ci fosse, la mancanza di linguaggio comune impedirebbe loro di comunicare. Ed ecco una situazione nuova anch’essa originata dall’essere in troppi: i saggi ci sono ma nessuno li conosce e allora si dubita della loro saggezza e non si crede nei loro valori.
A questo punto ci vogliono le regole, però non ci si può più lamentare del fatto che ci siano, che attraverso di loro il sistema dimostri solamente insensibilità. Per sostituirle ci vorrebbero i valori di un saggio, di chi possa essere nello stesso tempo sensibile ed imparziale, che giudichi continuando ad essere uomo, per meglio poter valutare le azioni degli altri uomini.

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