20071217

E le formiche si estinsero

Si consumava anche una volta. Si acquistava, si seguivano le mode, si buttavano via, anche una volta, dei quattrini. Non molti, sia perché le occasioni di spenderli male erano minori, sia perché il necessario veniva prima del superfluo in un’epoca di austerità dove era facile stabilire degli ordini di priorità. Per consumo si intendeva logorio e dato che la qualità era di gran lunga superiore a quella dei nostri giorni il consumo era molto limitato. L’indumento logoro, cessata la sua funzione, difficilmente veniva gettato perché, proprio nel momento in cui veniva smesso, iniziava la sua seconda vita. Con un po’ di tempo e un pizzico di creatività il capo, smontato, rivoltato, tagliato subiva nuove e diverse destinazioni. Nella peggiore delle ipotesi finiva, piegato e ripiegato in attesa di riutilizzarlo, sotto naftalina in un vecchio mobile della soffitta o della cantina. Questi locali hanno avuto fino a pochi anni fa un’importanza strategica, pur mutando pian piano la loro destinazione, passando da dispensa a magazzino. Parecchi decenni fa ci venivano accumulati infatti cibi e vini, in cantina quelli che avevano bisogno di temperature fresche e costanti, in soffitta il resto che doveva essere fresco e aerato. Poi la casa decise di cambiarsi, di rinnovarsi: tutto ciò che veniva sostituito non andava regalato, venduto, buttato via. Veniva immagazzinato con la certezza che, prima. o poi, sarebbe servito. D’altra parte cibo e vino cominciavano a trovarsi facilmente, potevano pure essere portati a domicilio senza alcun aggravio di spesa e soprattutto non si era più obbligati a quei fastidiosi salti in cantina quando mancava qualcosa. La cantina e/o la soffitta acquistano una loro vita indipendente, vengono quasi dimenticate così come viene dimenticato spesso tutto quello che contengono. L’importante era conservare, non gettare via niente.
Questo schema si trasmise di padre in figlio, di madre in figlia, divenne una regola dettata dalla saggezza e dalla previdenza, un monito perché la gente fosse sempre pronta ad affrontare tempi più duri. I periodi di guerra avevano insegnato molto, avevano prodotto più formiche che cicale. Il ricordo dei tempi bui pian piano cominciò a svanire e di conseguenza l’inutilità del sacrificio si annidò nelle coscienze. Mancando il presupposto per continuare ad esistere, le formiche si estinsero. Rimase però radicato lo schema dell’accumulo delle cose inutili che porta a paradossali collezioni di oggetti usati diventati inservibili. Il trauma più grave per l’ex formica o per il suo discendente diretto, nato ed educato in tempi d’austerità, è il meccanismo, assolutamente nuovo dell’usa-e-getta, nato da nuovi schemi economici, dettato da un salto di qualità delle filosofie di produzione, in ogni caso rottura col passato e con la tradizione.
L’accendino, ormai scarico, da gettare, una lattina vuota di Coca Cola, un televisore vecchio di vent’anni, un orologio annegato durante la doccia, tutti questi oggetti – ed altri – devono essere recuperati. La più facile tra le operazioni di recupero, è l’inserimento dell’oggetto in una collezione di oggetti simili, una operazione dove un criterio oggettivo può regolare l’annessione dei nuovi pezzi. Si può invece compiere un’altra operazione, più soggettiva; rintracciare nell’oggetto ormai degradato delle componenti estetiche che ci permettano di salvarlo dalla pattumiera. Se ci poniamo il problema in questi termini avremo sicure giustificazioni nel raccogliere e nel tenere tutto, una massa di ciarpame priva di qualsiasi valore. Una fatica inutile. Come quando mettiamo in frigorifero gli avanzi del cibo per buttarli via dopo qualche giorno.

P.S. Comunque tranquillizzatevi, la gente ha la tendenza ad abituarsi a tutto. Le soffitte non ci sono più, ormai si butta via tutto.

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